Questo romanzo viene dal passato. E' stato scritto nel 1978 e, su suggerimento dello scrittore Guido Artom, lo inviai al 'Premio L'inedito': non vinsi, ma fui incoraggiato da Maria Bellonci e da Serena Foglia. Lo accettò un editore che poi cambiò idea. Dieci anni più tardi lo scrissi di nuovo, e lo mandai al 'Premio Montblanc', riservato a 'giovani scrittori under 40'. Entrai nella cinquina dei finalisti e, poiché la giuria era formata solo da editori, sembrava che sarebbe stato pubblicato, ma ciò non fu. Accade ora, e io lo guardo come un padre di più di cinquantanni guarda un figlio già grande che parte per un viaggio: con un misto di trepidazione e distanza ed anche con una certa incredulità, quella che sfocia nel più tremendo dei luoghi comuni: 'come passa il tempo'. Però la storia di Ignazio giustappunto vive in un tempo sospeso, e il suo viaggio picaresco fuori dalla Scuola di Santità potrebbe accadere nell'anno mille o nel tremila. E' la storia di chi cerca se stesso nell'avventura dell'incontro, nella scoperta della tela invisibile che ogni potere stende attorno alle persone libere. Ed allora penso che il tempo di questo viaggio è quello giusto in ogni caso.