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"Mesi di paura: perché non hanno evacuato l'Aquila?"

17 Apr 2009 - 18:07


di Antonella Loi

17 aprile 2009 - Miss Kappa risponde trafelata al telefono. “Mi scusi – dice – sono un po’ agitata perché dieci minuti fa abbiamo avuto un’altra bella scossa”. Nonostante siano ormai tre mesi che la terra in Abruzzo non smette di tremare, è impossibile farci l’abitudine. “No, non ci fai il callo, poi dopo la scossa tremenda del 6 aprile si tratta di convivere con il terrore e non è cosa semplice”. Il blog di Miss Kappa (al secolo Anna Pacifica Colasacco, 53 anni) è fermo al 9 aprile, tre giorni dopo il terribile sisma che ha colpito la provincia dell’Aquila lasciando dietro di sé un cumulo di morti e macerie. Dal campo di accoglienza dove vive da quando ha perso casa, laboratorio di restauro e negozio di antiquariato nel centro storico del capoluogo abruzzese, non è possibile connettersi a Internet. “Anche se i miei amici blogger hanno fatto una colletta e mi hanno fatto avere un pc non ho molte possibilità di trovare una rete libera”. Decine i commenti ai suoi post, molti di incoraggiamento altri che riportano testimonianze purtroppo simili: quella del terremoto è una storia che in Italia si ripete negli anni. Sempre con gli stessi drammi umani e materiali.

Anna, nel suo blog non nasconde la rabbia.
“Sono almeno quattro mesi che scrivo di una situazione terribile nella quale siamo stati costretti a vivere, fino al terribile epilogo.E’ incredibile che non ci abbiano fatto evacuare o che almeno abbiano approntato delle tendopoli. Non volevano spaventarci, hanno detto, ma poi ci fanno fare la morte del topo. Perché non sono stati ascoltati gli appelli di chi diceva che il sisma ci sarebbe stato? Forse il sisma non si può prevedere, ma si possono fare molte opere di prevenzione”.

Chi sono i responsabili?
“Non mi scaglio contro il governo, ma contro gli amministratori locali. Intanto il sindaco Massimo Cialente, che ha secondo me delle responsabilità gravissime. Anche Stefania Pezzopane, presidente della Provincia, anche se lei ha perso dei parenti, la casa. Ma anche quello della Regione, Gianni Chiodi, oltre al suo predecessore Ottaviano Del Turco. Forse le avvisaglie sono state sottovalutate non so. E’ sicuro che ci hanno dimenticati”.

Come si fa a convivere con la paura?
“E’ difficile, le scosse sono frequenti ed ognuna è accompagnata dal panico. Ma In questi giorni, dopo quella scossa terribile nella quale ho perso tutto, nonostante la paura, ho scoperto un forte legame con la mia terra che pensavo di non avere. Se mi chiede cosa sarà di me domani le rispondo che non lo so, ma no non me ne voglio andare, voglio restare qui”.

Cosa la spinge a rimanere nonostante tutto?
“Voglio ricominciare non tanto per le mie cose, sulle quali ho messo una pietra sopra. Ma per rivedere la mia città com’era prima. Penso alla basilica di Colle Maggio, alla basilica di San Bernardino, alle 99 chiese tutte danneggiate seriamente, alcune distrutte. E’ stata ferita qui la mia anima. Certo la mia casa stava in un palazzo storico, ma adesso non ce la faccio a pensare alle mie cose che non so nemmeno se potrò mai recuperare. Vorrei vedere la mia città vivere di nuovo”.

Dove si trovava la notte del terremoto?
“La mia storia è incredibile. Abito nel centro storico dell’Aquila, ma da quando sono cominciate le scosse più forti, da metà gennaio, ho perso la tranquillità. Ho cominciato ad allarmarmi sul serio il lunedì prima del 6 aprile, quando ci fu una scossa fortissima verso le tre del pomeriggio. Sentì un boato sinistro, mi precipitai giù e andai a casa di mia madre, che abita un paio di case più avanti, appena in tempo per sentire insieme a lei la seconda scossa. Quella notte dormì in automobile, paralizzata dalla paura”.

Nessuno vi assisteva per dirvi che fare, come comportarvi davanti allo sciame sismico?
“Non ne parlava nessuno, la tv e i giornali tacevano. Mio marito minimizzava, dicendo che se ci fosse stato pericolo reale avrebbero allertato la popolazione. Comunque io da quel giorno mi rifiutai di dormire in casa anche perché il mio appartamento si trovava all’ultimo piano di un palazzo storico, una casa che io avevo realizzato con molto amore: c’era tutta la mia vita lì dentro. Ma non mi sentivo sicura. Così un amico mi ospitò in una casa in campagna a Pazzano, non lontano dall’Aquila”.

Riuscì a combattere la sua paura?
“Sì, alloggiavamo al piano terra, apri la porta e sei all’esterno. Diciamo che le scosse, che erano tante e giornaliere, le affrontavo meglio. Poi due o tre giorni prima del 6 aprile le scosse cessarono. La domenica pensai di tornare a casa mia all’Aquila, ma alla fine rimanemmo lì fino lunedì mattina. Alle 11.30 di domenica ci fu quella scossa tremenda. Andammo a prendere mia madre e mia sorella, anche loro terrorizzate, e le portammo da noi a Pazzano. Nel frattempo ci fu una seconda scossa, ma noi che ci trovavamo in macchina non la sentimmo. Arrivati di nuovo a casa il telegiornale di Rai Uno disse che l’epicentro era a Forlì. Dormimmo in quella casa. Alle 3 e mezzo c’è stata la terribile scossa: Pazzano è il paese con Paganica”.

Praticamente sull’epicentro, cosa ricorda di quella notte?
“La casa è crollata, io sono schizzata fuori dalla finestra perché la porta non si apriva, con me mio marito che poi è tornato dentro e, con l’aiuto di alcuni ragazzi del luogo, ha recuperato mia madre e mia sorella coperte dalle macerie. Momenti di panico, perché loro, sotto shock, non rispondevano. Ma siamo tutti salvi per fortuna. Lo scenario era spettrale, non si vedeva nulla perché l’aria era intrisa della polvere dei detriti. Urlavano tutti gli allarmi delle automobili e la gente era in tutta in strada in preda al panico”.

Quando arrivarono i soccorsi?
“I primi arrivarono alle sei. Ma gli abitanti del paese si stavano già dando da fare, il tutto mentre la terra continuava a tremare. Fortunatamente avevamo salvato la macchina, che mio marito aveva messo in uno spiazzo aperto piuttosto che a ridosso della casa. Poi siamo saliti in macchina e andati al multisala dove nello spiazzo avrebbero poi allestito un campo. Che è il campo dove stiamo tuttora”.

Lei e la sua famiglia dormite nelle tende?
“No, io nella tenda non ci so stare. Abbiamo una macchina abbastanza grande, fino ad oggi abbiamo dormito lì. Ma per fortuna degli amici ci hanno prestato la loro roulotte e da questa notte dormiamo in un letto. Per il resto facciamo riferimento al campo, per il cibo, il vestiario e tutto quello che ci serve”.

E’ mai tornata a casa sua?
“Sì, prima c’è tornato mio marito il martedì successivo alla scossa. Lui da perfetto incosciente è entrato in casa, attraversando il centro storico. Mentre stava lì ci sono state altre due scosse ed è scappato. Quando è arrivato da me era completamente scioccato, non capiva niente. Lì per lì sono rimasta stupita. Poi quando ci sono stata anch’io, giorni dopo, accompagnata dai vigili del fuoco, ho capito: si è trovato davanti uno scenario spettrale. Mia madre, che è anziana, ha detto che neanche la guerra aveva prodotto una simile devastazione. Tutta la tua vita, la tua storia, la tua memoria spazzate via”.

La vita continua.
“Sì ma fino a quando potremmo stare in questa situazione, fino a quando saremmo costretti a vivere nelle tende?”

Berlusconi ha detto che entro l’estate le tende non ci saranno più.
“Sì e che ci sarà dopo? Una cosa è certa: continuerò a vigilare e scriverò tutto sul mio blog”.

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